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Artemisia Gentileschi a Pozzuoli

Una ribelle, una donna controcorrente, il cui talento la condusse a superare ciò che a quel tempo era concesso ad una donna. Parliamo di Artemisia Lomi Gentileschi, nata nel 1593, primogenita di Orazio, pittore alla corte romana che prima iniziò la figlia alle arti pratiche della pittura (preparare i colori, pulire i pennelli) per poi capire che in lei c’era dell’altro, così da farla dipingere vere e proprie opere.

In una lettera del 1612 alla granduchessa di Toscana, Orazio Gentileschi ammise che sua figlia era diventata una vera e propria pittrice, in soli tre anni di apprendistato: «Questa femina, come è piaciuto a Dio, avendola drizzata nelle professione della pittura in tre anni si è talmente appraticata che posso adir de dire che hoggi non ci sia pare a lei, havendo per sin adesso fatte opere che forse i prencipali maestri di questa professione non arrivano al suo sapere».

Nel 1631 l’eruzione del Vesuvio non colpì la città flegrea, per cui tra il 1635 e il 1637 Martin de Leon y Cardenas, vescovo spagnolo, per lo scampato pericolo commissionò alla pittrice tre tele per la cattedrale: l’Adorazione dei Magi, i Santi Procolo e Nicea e San Gennaro all’anfiteatro.

La più significativa è senza dubbio l’Adorazione dei Magi, una tela imponente di oltre tre metri di altezza, un capolavoro spesso in prestito ai più grandi musei nazionali ed internazionali. Il volto della Vergine pare quasi sovrastare su un paesaggio che ricorda le linee sinuose dei Campi Flegrei e, come molte opere di Artemisia, nei volti dei Santi c’è la carica emotiva dell’umano più che dell’angelico. 

Accanto a quelle di Artemisia, possono essere ammirate anche opere di Giovanni Lanfranco, Massimo Stanzione, Agostino Beltrano, Cesare e Francesco Fracanzano, Joseph de Ribera e Paolo Domenico Fenoglio.